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I Santi Carmelitani


tratto da: I Carmelitani

San Giovanni della Croce
sacerdote e Dottore della Chiesa

Liturgico14 Dicembre

Quale anno di nascita più probabile viene indicato il 1540, a Fontiveros (Avila, Spagna). Rimase ben presto orfano di padre e dovette trasferirsi con la mamma da un luogo all'altro, mentre portava avanti come poteva i suoi studi e cercava di guadagnarsi la vita. A Medina, nel 1563, vestì l'abito dei Carmelitani e dopo l'anno di noviziato ottenne di poter vivere secondo la Regola senza le mitigazioni. Sacerdote nel 1567 dopo gli studi di filosofia e teologia fatti a Salamanca, lo stesso anno si incontrò con S. Teresa di Gesù, la quale da poco aveva ottenuto dal Priore Generale Rossi il permesso per la fondazione di due conventi di Carmelitani contemplativi (poi detti Scalzi), perchè fossero di aiuto alle monache da lei istituite. Dopo un altro anno - durante il quale si accordò con la Santa - il 28 novembre 1568 fece parte del primo nucleo di riformati a Duruelo, cambiando il nome di Giovanni di S. Mattia in quello di Giovanni della Croce.
Vari furono gli incarichi entro la riforma. Dal 1572 al 1577 fu anche confessore-governatore del monastero dell'Incarnazione di Avila (non della riforma, ma vi era priora S.Teresa, all'inizio). Ed in tale qualità si trovò coinvolto in un increscioso incidente della vita interna del monastero, di cui fu ritenuto in certo modo responsabile: preso, rimase circa otto mesi nel carcere del convento di Toledo, da dove fuggì nell'agosto 1578; in carcere scrisse molte delle sue poesie, che più tardi commentò nelle sue celebri opere.
Dopo la vicenda di Toledo, esercitò di nuovo vari incarichi di superiore, sino a che il Vicario Generale (nel frattempo la riforma aveva ottenuto una certa autonomia) Nicola Doria fece a meno di lui nel 1591. E non fu questa l'unica "prova" negli ultimi tempi della sua vita, per lui che aveva dato tutto alla riforma: sopportò come sanno fare i santi. Morì tra il 13 e il 14 dicembre 1591 a Ubeda: aveva 49 anni.
Il suo magistero era fondamentalmente orale; se scrisse, fu perchè ripetutamente richiesto. Tema centrale del suo insegnamento che lo ha reso celebre fuori e dentro la chiesa cattolica è l'unione per grazia dell'uomo con Dio, per mezzo di Gesù Cristo: dal grado più umile al più sublime, in un itinerario che prevede la tappa della via purgativa, illuminativa e unitiva, altrimenti detta dei principianti, proficienti e perfetti. Per arrivare al tutto, che è Dio, occorre che l'uomo dia tutto di sé, non con spirito di schiavitù, bensì di amore. Celebri i suoi aforismi: "Nella sera della tua vita sarai esaminato sull'amore", e "dove non c'è amore, metti amore e ne ricaverai amore". Canonizzato da Benedetto XIII il 27 dicembre 1726, venne proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI il 24 agosto 1926.

 

Santa Maria Maddalena de' Pazzi
Vergine

Liturgico: 25 Maggio

Maria Maddalena porta il nome della nobile famiglia de' Pazzi di Firenze, che già nel secolo XV aveva un grande influsso politico. Nata il 2 aprile 1566, fu educata piamente, e fin dalla fanciullezza dimostrò senso profondo della presenza di Dio, amore ardente all'Eucarestia e forte inclinazione per lo spirito della penitenza. Su consiglio del suo confessore, fu ammessa alla prima comunione all'età di 10 anni, contrariamente ai costumi dell'epoca. A diciassette anni venne accettata dalle monache carmelitane di Santa Maria degli Angeli di Firenze, sua città natale. Durante il noviziato una violenta malattia durata due mesi la ridusse in fin di vita, tanto che le fu concesso di anticipare la professione. Ma si riprese. Fu per tre anni sottomaestra, sagrestana e per sei anni maestra delle novizie; ebbe anche la cura delle giovani professe e nel 1604 fu eletta sottopriora. Indicibili sofferenze fisiche e una dura prova spirituale misero alla prova la sua pazienza e fu arricchita da Dio di grazie straordinarie. Morì il 25 maggio del 1607. Beatificata nel 1626, venne canonizzata il 22 aprile 1669.
Ad un'intensa vita spirituale unì la coscienziosa osservanza dei voti religiosi, e condusse una vita nascosta di preghiera ed abnegazione. Fu presa dall' "ansiato desiderio" del rinnovamento della Chiesa: urgenza della riforma ed anelito dell'espansione, offrendosi perchè i "cristi" (i sacerdoti) fossero di nuovo luce del mondo e gli infedeli ritornassero nel grembo della Chiesa. "Chiave di volta del suo edificio spirituale (sviluppato però in modo non propriamente organico) è l'amore: creati da Dio con amore e per amore, è per tale via che dobbiamo tornare a Lui; l'amore è la misura del progresso nel ritorno dell'anima a Dio. La principale funzione dell'amore è di unire l'anima a Dio. La vita spirituale come un circolo, animato dall'amore, che in Dio ha il punto di partenza e di arrivo". Santa Maria Maddalena de' Pazzi fu anche teneramente devota della Madonna e contribuì notevolmente ad approfondire la devozione mariana carmelitana alla "Vergine Purissima", affermando che la bellezza di Maria fu la sua purezza, che la unì al Verbo nella divina maternità.
Le sue esperienze mistiche sono raccolte nei "manoscritti originali", come sono chiamati gli appunti che le consorelle stendevano su quello che lei faceva o diceva nelle sue estasi ed "eccessi di amore divino" e dei quali ne facevano una certa "verifica" con la santa stessa. Cioè: i Quaranta Giorni, i Colloqui, le Revelatione e intelligentie, la Probatione e la Rinnovatione della Chiesa, insieme gli Avvisi e le Lettere.


 Sant'Angelo da Licata
Sacerdote e Martire

Liturgico: 5 Maggio

Angelo è annoverato tra i primi Carmelitani che dal monte Carmelo tornarono in Sicilia, dove, secondo le fonti tradizionali degne di fede, morì a Licata per mano di uomini empi, nella prima metà del XIII secolo.
Venerato come martire, ben presto sul luogo del martirio fu edificata una chiesa e vi venne deposto il suo corpo. Nel 1662 le reliquie furono traslate nella nuova chiesa, edificata nello stesso luogo in seguito alla liberazione della città dalla peste (1625) per intercessione del Santo.
Il culto di Sant'Angelo si diffuse in tutto l'Ordine e anche tra il popolo. Egli e Sant'Alberto di Trapani sono considerati "i padri" dell'Ordine, per essere stati i primi due santi che ebbero culto nell'Ordine, e per questo molte volte vengono raffigurati nell'iconografia medievale accanto alla Vergine Maria.
In Sicilia esistono molti luoghi che hanno Sant'Angelo come patrono, e il popolo lo invoca nelle necessità, rivolgendosi a lui con molto affetto e tenerezza.
Il 5 maggio 1220 Sant’Angelo, sacerdote dell’Ordine dei Carmelitani, venne martirizzato a Licata, nella Chiesa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, antichi patroni della città, mentre predicava dal pulpito posto fuori della stessa chiesa per consentire ai numerosi fedeli ivi accorsi di ascoltare la Parola di Dio da lui proclamata. Sant’Angelo, nato a Gerusalemme nel 1185 da Ebrei convertitisi al Cristianesimo, tra i primi eremiti del Monte Carmelo, negli anni che precedettero immediatamente il suo martirio dalla Palestina si recò in Occidente per sollecitare l’approvazione della Regola carmelitana al Papa Onorio III a Roma, che verrà concessa nel 1226, per predicare in varie parti della Campania e della Puglia, fondando diversi conventi che in seguito avrebbero accolto alcuni tra i Carmelitani che trasmigrarono in Europa, considerata la loro difficile situazione sul Monte Carmelo a causa delle crociate, e per combattere le eresie del tempo come si conveniva ad un grande e dotto predicatore qual egli era. Sceso in Sicilia, predicò in diverse località dell’isola, tra le quali Palermo, Cefalà, Caltabellotta, Muxaro e Girgenti. Sepolto nello stesso luogo del martirio, Sant’Angelo ricevette presto un culto pubblico, diffuso dai Carmelitani nelle varie parti del mondo dove erano presenti. Nel 1223 il corpo del Santo Martire venne prelevato dal sepolcro e deposto in un’urna lignea per meglio essere venerato. Il luogo del martirio e della sepoltura, da cui in seguito sgorgarono acqua ed olio miracolosi, divenne presto meta di pellegrinaggi di numerosi devoti. Il 7 agosto 1486 le reliquie del Santo Martire vennero traslate in un’urna argentea, di piccole dimensioni, finché il 5 maggio 1623 vennero traslate nell’attuale urna argentea, più grande e più ricca della precedente, opera dell’argentiere ragusano Lucio de Anizi. Nel 1564 il Vescovo di Girgenti, Rodolfo Pio da Carpi, fece costruire nello stesso luogo una chiesa dedicata al Santo Martire Angelo. Nel 1625, in seguito alla liberazione della città dalla peste per intercessione del Santo Martire Angelo, avvenuta nel giugno di quell’anno, dopo aver attinto acqua al pozzo del Santo ed asperso con la stessa persone e cose, i Giurati ed il popolo di Licata decisero di costruire una nuova chiesa al Santo Martire e di trasferirne la festa dal 5 maggio al 16 agosto. La richiesta del trasferimento della festa venne accolta dal Vicario Generale di Girgenti, Corrado Bonincontro, con atto del 14 agosto di quell’anno. Dal 1626 al 1662 venne costruita l’attuale chiesa in onore del Santo Martire ed il 15 agosto di quest’ultimo anno venne trasportata l’urna argentea del Santo dalla vecchia alla nuova chiesa e collocata nella cappella a lui dedicata e protetta da un’artistica cancellata in ferro battuto. Nel 1673 venne realizzato il pozzo marmoreo del Santo, dal maestro trapanese Giovanni Romano, per dare maggiore dignità al primitivo luogo del martirio e della sepoltura di Sant’Angelo. Nel 1733 venne consacrata la chiesa dal Vescovo di Girgenti, mons. Lorenzo Gioeni. La chiesa, i cui lavori furono diretti prima dall’arch. Francesco Bonamici di Malta e poi dall’arch. Angelo Italia di Licata, ha un impianto basilicale a tre navate con cupola su tamburo quadrangolare, quest’ultima ricostruita subito dopo il crollo avvenuto nel 1847. Il prospetto della chiesa rimase incompiuto a causa dell’interruzione dei lavori. All’interno sono custodite opere d’arte di pregio che vanno dal tesoro del Santo alle diverse tele e simulacri lignei (XVII-XIX secolo). All’ingresso della chiesa, a destra ed a sinistra, sono collocati un sarcofago del XVI secolo ed altri monumenti funerari del XVIII secolo, mentre due epigrafi marmoree ricordano la traslazione delle reliquie del Santo nel 1623 e la liberazione della città dalla peste nel 1625. Un posto importante occupa il sepolcro del Servo di Dio padre Sebastiano Siracusa, primo priore del convento adiacente. Interessanti i quattro ceri lignei del XIX secolo, alti 4,50 m circa, recentemente restaurati, che vengono portati in processione il 5 maggio, insieme all’urna argentea del Santo, nel giorno in cui si fa memoria del martirio. Accanto alla chiesa si trova il secondo convento carmelitano, costruito nel XVII secolo, che ospitò i religiosi che ottennero di officiare l’edificio legato al martirio ed alla sepoltura del Santo, luogo principale del culto angelano. La festa di Sant’Angelo Martire, che si celebra il 5 maggio, è la più importante di Licata perché testimonia la devozione che il popolo tributa al suo Santo Patrono nel giorno in cui si fa memoria del martirio. Nella mattinata i quattro ceri lignei dalla Chiesa del Santo vengono condotti nella Piazzetta Elena in attesa della processione serale. Seguono altre manifestazioni per le vie della città: cortei di gruppi folkloristici, muli parati che confluiscono nella Chiesa del Santo, dove numerosi devoti compiono il loro pellegrinaggio, partecipando alle celebrazioni eucaristiche, alcuni di loro portando con sé bambini votati al Santo, vestiti con l’abito carmelitano, per essere benedetti. Alle ore 20,00 inizia la processione dell’urna argentea, contenente le reliquie del Santo Martire Angelo, portata dai marinai in divisa, a piedi nudi, che sostituiscono i contadini che ne avevano il privilegio fino ad alcuni anni addietro. Giunti nella Piazzetta Elena, i quattro ceri lignei seguono l’urna del Santo, dando alla processione un aspetto più solenne e gioioso. Le luminarie, per l’occasione più artistiche, arricchiscono ulteriormente le strade in cui è previsto il passaggio del Santo. In quattro punti della città l’urna viene portata di corsa, a ricordo di avvenimenti drammatici durante cui nel passato le reliquie del Santo venivano poste al sicuro di corsa. Il ritorno dell’urna e dei quattro ceri in chiesa è previsto intorno alla mezzanotte. I festeggiamenti esterni in onore del Santo iniziano il 4 e si concludono il 6 maggio, l’ultimo giorno prevede l’albero della cuccagna (palio a ’ntinna) ed il palio a mare nel pomeriggio, uno spettacolo musicale ed i fuochi d’artificio in serata. In questi giorni le vie principali della città sono percorse da una marea di gente, proveniente anche dai centri viciniori, che fa i suoi acquisti nelle bancarelle-mercato dalla suggestività caratteristica, sebbene creino non pochi problemi alla viabilità ed alla sicurezza. Un’altra festa del Santo Martire Angelo venne introdotta il 16 agosto 1625, a ricordo della liberazione della città dalla peste, per sua intercessione, nel giugno di quell’anno, trasferendone quella del 5 maggio. La festa si celebrò in modo solenne fino al 1850, quando si ritornò a celebrare quella principale il 5 maggio, e da allora essa è ridotta a secondaria, rimanendo pur sempre per i devoti un’occasione per esprimere gratitudine e riconoscenza al Santo Martire Angelo per aver liberato la città dalla peste. Altre feste interne vengono celebrate per ricordare tre terremoti durante cui la città venne preservata per intercessione del Santo: 11 gennaio (1693), 5 febbraio (1783), 28 dicembre (1908).

Santa Teresa di Gesù
vergine e Dottore della Chiesa

Liturgico: 15 Ottobre

Al secolo Teresa de Cepeda y Ahumada, riformatrice del Carmelo, Madre delle Carmelitane Scalze e dei Carmelitani Scalzi; "mater spiritualium" (titolo sotto la sua statua nella basilica vaticana); patrona degli scrittori cattolici (1965) e Dottore della Chiesa (1970): prima donna, insieme a S. Caterina da Siena, ad ottenere tale titolo; nata ad Avila (Vecchia Castiglia, Spagna) il 28 marzo 1515; morta ad Alba de Tormes (Salamanca) il 4 ottobre 1582 (il giorno dopo, per la riforma gregoriana del calendario fu il 15 ottobre); beatificazione nel 1614, canonizzazione nel 1622; festa il 15 ottobre.
La sua vita va interpretata secondo il disegno che il Signore aveva su di lei, con i grandi desideri che Egli le mise nel cuore, con le misteriose malattie di cui fu vittima da giovane (e la malferma salute che l'accompagnò per tutta la vita), con le "resistenze" alla grazia di cui lei si accusa più del dovuto. Entrò nel Carmelo dell'Incarnazione d'Avila il 2 novembre 1535, fuggendo di casa. Un pò per le condizioni oggettive del luogo, un pò per le difficoltà di ordine spirituale, faticò prima di arrivare a quella che lei chiama la sua "conversione", a 39 anni. Ma l'incontro con alcuni direttori spirituali la lanciò a grandi passi verso la perfezione.
Nel 1560 ebbe la prima idea di un nuovo Carmelo ove potesse vivere meglio la sua regola, realizzata due anni dopo col monastero di S. Giuseppe, senza rendite e "secondo la regola primitiva": espressione che va ben compresa, perchè allora e subito dopo fu più nostalgica ed "eroica" che reale. Cinque anni più tardi Teresa ottenne dal Generale dell'Ordine, Giovanni Battista Rossi - in visita in Spagna - l'ordine di moltiplicare i suoi monasteri ed il permesso per due conventi di "Carmelitani contemplativi" (poi detti Scalzi), che fossero parenti spirituali delle monache ed in tal modo potessero aiutarle. Alla morte della Santa i monasteri femminili della riforma erano 17. Ma anche quelli maschili superarono ben presto il numero iniziale; alcuni con il permesso del Generale Rossi, altri - specialmente in Andalusia - contro la sua volontà, ma con quella dei visitatori apostolici, il domenicano Vargas e il giovane Carmelitano Scalzo Girolamo Graziano (questi fu inoltre la fiamma spirituale di Teresa, al quale si legò con voto di far qualsiasi cosa le avesse chiesto, non in contrasto con la legge di Dio). Ne seguirono incresciosi incidenti aggravatisi per interferenze di autorità secolari ed altri estranei, sino all'erezione degli Scalzi in Provincia separata nel 1581. Teresa potè scrivere: "Ora Scalzi e Calzati siamo tutti in pace e niente ci impedisce di servire il Signore".
Teresa è tra le massime figure della mistica cattolica di tutti i tempi. Le sue opere - specialmente le 4 più note (Vita, Cammino di perfezione, Mansioni e Fondazioni) - insieme a notizie di ordine storico, contengono una dottrina che abbraccia tutta la vita dell'anima, dai primi passi sino all'intimità con Dio al centro del Castello Interiore. L' Epistolario, poi, ce la mostra alle prese con i problemi più svariati di ogni giorno e di ogni circostanza. La sua dottrina sull'unione dell'anima con Dio (dottrina da lei intimamente vissuta) è sulla linea di quella del Carmelo che l'ha preceduta e che lei stessa ha contribuito in modo notevole ad arricchire, e che ha trasmesso non solo ai confratelli, figli e figlie spirituali, ma a tutta la Chiesa, per il cui servizio non badò a fatiche. Morendo la sua gioia fu poter affermare: "muoio figlia della Chiesa".